“E mi vedo ancora, io piccola dentro quel grano, io piccola su quel terreno, i miei piedi consumati e pressati, le braccia abbandonate e molli, e i capelli di grano a toccarmi le spalle.
E non più vento, ma mancar di respiro, mancar di respiro nel petto.
Qualcosa di perso, nell’aver trovato.
Simon nel granaio, la musica tra le sue dita.
A stridere e gridare, a scappare e fremere, la musica nelle sue dita.
E per la prima volta vedere il destino, capendo di averlo trovato.
Quando ti si pone davanti il destino non puoi fare finta di non aver visto.
Quel giorno io vidi Simon, vidi la mia vita.
E trovarlo fu perderlo, perdere tutto.
Il respiro, i miei passi, quell’esser di fiera, di belva.
Schiacciata dal cielo, dall’ondeggiare e venire di quelle spighe, e solo il toccarmi della musica, l’instabile e spesso, sottile momento del sentirlo suonare.
Quell’infinito già concluso, quell’infinito in pericolo, quell’infinito fragile.
Io bimba con la bocca spalancata, ed in quel granaio Si-mon.
E solo la musica.
Per la prima volta io vidi il destino.
A bocca socchiusa. ”