“Aveva la mano sulla maniglia, e la mano tremava con for-za, tremava nervosa.
E la bocca era serrata e dura, la bocca era pronta ad urlare, la bocca era un urlo, era rabbia.
Poi mi accorsi che il volto era teso, ma era sconfitto.
E mi accorsi che gli occhi non pulsavan certo di lotta, ma di mollezza e resa.
Io mi accorsi, eppure avevo ancora tra le dita la paura e il fremito della fuga, avevo paura delle conseguenze.
Ma non ce ne furono.
Mio marito guardò e non guardò il tavolo, mio marito aveva il volto di chi prende rabbiosamente atto.
E strinse la maniglia più forte, stringendola e portandosela addosso, chiudendosi addosso il varco.
Mio marito chiuse la porta come l’aveva aperta.
E ci chiuse fuori dalla sua vita, o ci chiuse dentro la nostra.
Per l’ultima volta vidi i suoi occhi.
Eran gli occhi di chi si arrendeva, di chi ci aveva d’altron-de provato.
Eran occhi che non mi guardavano, eppure guardavano.
Eran occhi d’assenza.
Chiuse mollemente.
E non lo rividi mai più.”
Grazie.
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a te! _D
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